Orbetello e Tokyo si incontrano per il gran finale di Orbetello Piano Festival Gran finale…
La poesia senza parole di Roberto Plano a Torre delle Saline
Esordisce con un fuori programma, uno di quelli che si riservano di solito a fine concerto, il pianista Roberto Plano, che apre il suo piano recital a Torre delle Saline con un brano dello spagnolo Francisco Tarrega tratto da i “Recuerdos de la Alhambra”, omaggiando così uno dei luoghi più belli di Orbetello Piano Festival.
Il piano recital, intitolato “Contaminations”, ha messo insieme musica proveniente da luoghi geografici e da epoche molto distanti, culture, suggestioni, stili, linguaggi di mondi talvolta opposti che grazie alla naturale curiosità intellettuale dell’artista vengono messi in comunicazione e proposti al pubblico di Orbetello Piano Festival, come sempre attento e pronto ad abbracciare la novità, a condividere con l’artista l’esplorazione e la scoperta.
Così, nel corso della serata, la musica della seconda metà del Settecento di Andrea Luchesi ha trovato un punto di contatto con quella di Luciano Berio, la Sonata in Sol minore di Domenico Cimarosa ha introdotto “Black Earth” del contemporaneo Fazil Say. Un viaggio nel Brasile di Heitor Villa-Lobos con le sue “Impressoes Seresteiras” dal Ciclo Brazilero ci ha poi trasportati nell’Argentina di Alberto Ginastera e della sua “Suite de Danzas criollas” op.15. Non è mancato l’omaggio a Franz Liszt e alle sue “Harmonies poétiques et religieuses” che proprio di recente il pianista ha reso oggetto di una importante registrazione per Decca.
Roberto Plano ha messo insieme armonie, colori e ritmi eterogenei, perle di un repertorio poco frequentato dai concertisti tutto da scoprire, in un piano recital che nonostante la diversità dei brani ha creato una uniforme atmosfera di sospesa commozione, come sempre accade di fronte a tanta bellezza, e che ha potuto godere della inconfondibile cifra stilistica del pianista, quella poesia che Plano sembra magicamente contenere nelle sue dieci dita ma che in realtà vive molto più in profondità e che dalle mani passa al pianoforte e dal pianoforte alla gente.
Tecnicamente impeccabile, Plano conferma quella sua capacità di andare oltre la mera abilità di lettura del testo musicale e di approdare piuttosto nell’arduo territorio dell’interpretazione autentica e sincera, quel processo in cui scrittura e personalità dell’artista diventano qualcosa di inscindibile e si muovono nella comune direzione della comunicazione di emozioni, valori, in una parola poesia senza parole che abbatte barriere e irrimediabilmente tocca il cuore della gente.
Il pubblico di Orbetello Piano Festival infatti ha applaudito con calore ed entusiasmo le “Contaminations” di Roberto Plano che si sono chiuse con numerosi bis, tra i quali un funambolico pezzo da “Play piano play” di Friedrich Gulda e una straordinaria milonga di Astor Piazzolla.
Un concerto dunque denso di emozioni. A breve Roberto Plano volerà alla Boston University dove insegnerà e siamo certi che porterà con sé il ricordo di questa serata in cui una sala sotto le stelle gremita di gente, un piccolo quarto di luna, gli antichi bastioni della Torre delle Saline e le note di un pianoforte hanno ancora una volta creato la magia di Orbetello Piano Festival.
Paola Parri (Pianosolo.it)